Fara San Martino

Appunti sul paese

Fara San Martino è uno dei centri della montagna chietina e confina con Palombaro, Pennapiedimonte, Caramanico Terme, Sant'Eufemia a Maiella, Pacentro, Lama dei Peligni e Civitella Messer Raimondo.

Il monastero di S. Martino in Valle è attestato già agli inizi del IX sec. (Chronicon farfense), mentre l'abitato, incastellato dai monaci, è menzionato nel XI sec. (a. 1044), quantunque il nome longobardo ne lascia supporre un'origine più antica. In seguito è feudo dei de Lectis, del Capitolo di S. Pietro per la Badia di S. Martino in Valle (-1788), Regio (1788-1806).

Il patrimonio religioso comprende i resti dell'abbazia di S. Martino in Valle (IX sec.), la chiesa di S. Pietro alle sorgenti del fiume Verde (IX sec.), la parrocchiale di S. Remigio (XIII sec.), nonché altre chiese nel centro storico (borgo di Terravecchia).

Appunti sul territorio

Il territorio montano di Fara San Martino è indubbiamente il più vario ed interessante dal punto di vista naturalistico di questo versante della Maiella. Alle quote molto basse del centro abitato (400-450 m) fanno riscontro le massime elevazioni del massiccio, concentrate sulla cresta che funge da spartiacque fra i bacini del Sangro ad Est e della Pescara ad Ovest. Tale cresta costituisce, per un tratto, limite naturale ed amministrativo del territorio esaminato in questo capitolo.

La montagna farese occupa l'alto bacino di quella che, più in basso, a partire dalle omonime sorgenti, sarà la valle del torrente Verde (vàllë dë sandëspìritë, vàllë cannèllë). Inoltre, comprende alcune importanti valli laterali, tutte alla sinistra della principale: la vàllë dë lë mandrèllë-vallónë du macëllàrë e la vàllë sgrétë-vàllë du furcónë-vàllë sërvìrë-vàllë du fussàtë. Data la notevole estensione e varietà morfologica di queste valli, esse assumono differenti nomi per tratti diversi.

Verso Nord, il confine amministrativo coincide con quello naturale, ovvero il crinale che separa dalle valli di Pennapiedimonte e Palombaro. Verso Sud il crinale che funge da spartiacque con i selvaggi valloni di Lama è ancora ben seguito dai confini comunali. Come limite di valle, si è preso il sentiero pedemontano che collega il centro abitato alle case di Capo le Macchie (vedi anche Palombaro).

Numerose sono le cime comprese nel territorio così definito. Sulla cresta più settentrionale si susseguono: la cìmë dë lë murèllë (2596 m), la cìmë du furcónë (2259 m), la cìmë du crapàrë (2240 m), la cìmë dë fundanèllë, o cìmë dë chjarinèllë, o cìmë maciarinèllë (2017 m). Sulla cresta secondaria che separa la vàllë dë lë mandrèllë dalla vàllë du furcónë, si trovano la cìmë dë la vàllë junèbbrë o cìmë dë vàllë sgréjë (2727 m), la cìmë dë vàllë chjarìnë o cìmë dë l'accuvìnë o cìmë dë l'acquavìvë (2737 m). Sulla cresta secondaria che separa la vàllë dë lë mandrèllë dalla vàllë cannèllë, spicca il tavolato culminante con la cìmë dë vàllë cannèllë o cìmë dë màcchja vérdë (2669 m).

Sulla cresta spartiacque principale svetta mónd'amàrë (2793 m), il punto più alto dell'intero massiccio. Invece, la lunga cresta meridionale non presenta veri e propri rilievi, se non debolmente accennati, come la cìmë dë l'aitàrë (2542 m).

La caratteristica principale di questa porzione del massiccio è costituita indubbiamente dalla presenza di numerose grotte, sia d'alta quota, utilizzate nella stagione estiva dai pochi pastori che ancora operano nella zona, sia invernali di bassa quota. Una di queste, la gróttë dë sandëspìrëtë, ha ospitato una cella eremitica collegata al monastero di San Martino in Valle, le cui tracce sono ancora individuabili sotto una spessa coltre di detriti, poco dopo l'imbocco della valle.

Dei punti d'appoggio per le lunghe escursioni che si possono effettuare in questa zona sono rappresentati dai bivacchi pastorali alla Grotta dei Porci (1750 m ca.), alla gròttë di callarièllë (1553 m) e alla gròttë di dièvëlë (2246 m). Altrimenti, restano il rifugio Manzini nell'alta vàllë cannèllë (2523 m) ed il bivacco Pelino in cima a mónd'amàrë.

Importanti sorgenti che alimentano l'acquedotto della V. Serviera sono l'accuvìnë e fóndë viólë. Nella valle principale vi è un altro acquedotto detto del Trifoglio.

La montagna farese è percorsa da numerosi sentieri dei pastori. alcuni di questi sono oggi percorribili dagli escursionisti grazie alla segnaletica del Corpo Forestale dello Stato (CFS), del Parco Nazionale della Maiella (PNM) e del Club Alpino Italiano (CAI). Tali sentieri, che fungeranno da riferimento per la descrizione dei toponimi, sono: il Giro della Val Serviera (numero F2 del CFS, numero 7-7A del CAI), il sentiero Fara-Tre Portoni (numero F1 del CFS, numero 8 del CAI), il sentiero della Val Mandrella (numero F4 del CFS, numero 8A del CAI), il sentiero Colle Bandiera-Murelle (numero F3 del CFS, numero 7 del CAI), il sentiero della Val Forcone (numero 7B del CAI), il sentiero Callarelli-Acquaviva (numero 7C del CAI), il sentiero di Cima della Stretta (numero 34 del CAI), il sentiero della Grotta dei Diavoli (numero 7A1 del CFS, numero 8C del CAI), il sentiero Piano del Lago-Monte Amaro (numero 9 del CAI).

Alcuni dei toponimi di seguito presentati hanno un'attestazione nelle carte storiche. E' il caso di M. Amaro (1783, 1897, mónd'amàrë), M.te Altare (1783, cìmë dë l'aitàrë), Scaricapane (1783, u scaricapànë), M. Mandrella, Valle Mandrella (1783, vàllë dë lë mandrèllë), Valle Cannella erroneamente riferito alla valle dell'Orfento (1783, vàllë cannèllë).

I confini della montagna farese sono descritti già in una bolla di Onorio III al monastero di S. Martino in Valle. In questo documento si citato, tra gli altri, i toponimi Pesculum (pèschjë cràpë), Mons malus (mònd'amàrë), Femina morta, Seregetum o Stregete (vàllë sgréjë), Furca.

La toponomastica

La valle di Santo Spirito

1. L'accesso principale alla montagna di Fara è dalla strada provinciale ex n. 263, nel punto più alto del paese. Si prende a destra una strada che diventa subito bianca scendendo nell'alveo della valle che precede le sorgenti del Verde. Si parcheggia in prossimità di un vivaio forestale e di una fontana. La gola è ben visibile, come la lìscë du mònëcë, le pareti strapiombanti sulle quali sono state aperte alcune vie di arrampicata. Il nome riflette l'appellativo liscia 'roccia liscia', mentre la specificazione fa riferimento ai monaci del vicino monastero di S. Martino in Valle. Su queste pareti, i locali segnalano la gròttë du tamòrrë, una grotta che prende il nome dal 'tamburo', forse con allusione alla forma.

2. Prima delle gole, sul versante sinistro della valle principale scende la canàlë dë sandamarìë. Si tratta di una canala ben visibile dal termine della strada bianca che proviene dal paese. La specificazione riflette l'agionimo 'Santa Maria', relativo alla vecchia parrocchiale di Fara, S. Maria dell'Annunziata.

3. La 'gola' di Fara S. Martino che chiude la valle principale è chiamata localmente u strèttë. Fu aperta nella roccia, secondo la leggenda, da S. Martino stesso (FOTO). Il nome riflette l'appellativo locale stretto, un aggettivo sostantivato, specializzatosi per designare questo tipo di morfologia.

4. Oltrepassato lo Stretto, si entra nella Valle di S. Spirito. Oggi sono ben visibili, sotto una imponente parete rocciosa alla sinistra orografica, i resti del monastero di S. Martino in Valle (FOTO). Dietro il monastero si trova un'altra parete di roccia usata oggi per l'arrampicata sportiva, che porta il nome tradizionale u pìzzë dë sàndë martìnë (FOTO). La voce pizzo è, qui come altrove, un traslato geomorfico per 'punta aguzza'.

5. Sotto al Pizzo di S. Martino il sentiero costeggia un muretto dell'acquedotto di Fara. Questo acquedotto è detto dai locali acqua trifoglio, forse dal nome della sorgente che si trova molto in alto nel versante meridionale della valle, anche se non ho trovato altrove questo nome semi-ufficiale. Una prima fontanella ricavata dalla conduttura del Trifoglio è quella del vàizë lònghë (FOTO). Il nome riprende quello delle pareti rocciose sovrastanti, che infatti riflette l'appellativo balzo con l'aggettivo lungo. Anche su queste pareti ci sono tracciate vie di arrampicata.

6. Dopo i Balzi Lunghi, la valle si allarga con la piànë dë la lìscë, prima d un recinto forestale. Questo nome riflette l'appellativo piana con la specificazione liscia, che dipende dal nome la lìscë col quale sono designate le placche sulla destra di chi sale, prima del recinto forestale (FOTO). In questa zona la conduttura dell'acquedotto del Trifoglio lascia il fondovalle e si inerpica sul versante sinistro.

7. Dalla Piana della Liscia parte un sentierino sulla destra di chi sale che va a congiungersi col Giro della Val Serviera e con il sentiero per la Cima della Stretta. Dopo aver risalito le placche della Liscia, il sentiero taglia la canàla cùpë, un valloncello che si getta da sinistra nella valle sul quale corre la conduttura dell'acquedotto del Trifoglio dopo aver abbandonato il fondovalle (FOTO). Il toponimo riflette l'appellativo canala, con l'aggettivo cupo, per via dell'inaccessibilità del luogo.

8. Salendo dal fondovalle verso la Cima della Stretta, il sentiero passa non lontano da uno stazzo (?) e poi attraversa una serie di placche inclinate, note col nome di lìscë dëll'àsënë (FOTO). Il toponimo riflette l'appellativo liscia che designa la placca, mentre la specificazione asino allude all'asperità del luogo.

9. Dopo le placche della Liscia dell'Asino, il sentiero per la Cima della Stretta sale al còllë u ngìnë. Dovrebbe trattarsi dell'asperità segnata sulle carte a 1333 m, oggi identificata da un ometto e da uno strano 'monumento' rappresentante un aeroplano (FOTO). Nei siti web di escursionisti faresi, questa località è indicata come la Cima del Peschio, ma questo toponimo dovrebbe essere riferito all'elevazione boscosa sulla cresta più in alto. Comunque sia, il nome Colle dell'Uncino richiama la forma della cimetta.

10. I pendii sui quali si trova il recinto forestale, sulla destra orografica della valle di S. Spirito, sono chiamati la còstë dë l'accèttë (Costa dell'Accetta sulla cartina del CFS alla fine della strada di accesso alla gola). Si tratta di un toponimo formato sull'appellativo costa nel sensio di 'pendio', mentre la specificazione accetta allude al taglio del bosco.

11. Oltre la Piana della Liscia, la valle principale si restringe di nuovo nella località della tavernólë, tra incombenti pareti rocciose. Il nome della località riflette un diminutivo dell'appellativo taverna, ma ne sfugge la motivazione.

12. La seconda fontana della valle di S. Spirito è quella che si trova alle vatarèllë, nota come Fonte delle Vatarelle (FOTO). Il nome della località sembra un diminutivo dell'appellativo vado, usato per designare un accesso, un ingresso, forse di un sentiero che da qui si dipartiva. La quota della fonte è data a 700 m in alcune pubblicazioni, ma mi sembra che sia in realtà più elevata (almeno 800 m).

13. La fonte delle Vatarelle è dominata sul versante destro della valle da un cocuzzolo chiamato u mòndë dë la spiùchë (1282 m). La specificazione attribuita al toponimo sembra essere un esito dialettale del tipo spelu(n)ca 'spelonca, grotta', ma non è da escludere un interferenza di 'spia, spiare', con allusione al carattere dominante del cocuzzolo.

14. Dopo le Vatarelle, la salita della valle di S. Spirito diventa più ripida lungo la costë dë sèmbradùnë, il cui nome è alquanto oscuro. Quando si rimpiana, si trova un caratteristico torrione roccioso noto come lu vascèllë. Questo nome riflette l'appellativo vascello 'contenitore per il vino', con allusione alla forma.

15. L'ultima salita della valle di S. Spirito tra il Vascello e la Bocca dei Valloni è detta còsta nérë. Il toponimo è composto dall'appellativo costa e dall'aggettivo nero, ma ne sfugge la motivazione. Subito prima del tratto piu ripido, scende dalla destra orografica la canàla fucìtë, un fosso (canala) il cui nome riflette un derivato dell'appellativo foce.

16. Il tratto più basso della valle termina all'importante snodo sentieristico chiamato bbòcchë dë vallùnë (1055 m). La località è anche il punto in cui il Vallone del Macellaro confluisce nella valle principale, da cui la motivazione del toponimo che è un composto di bocca e del plurale di vallone.

17. Dalla Bocca dei Valloni si dirama verso destra (Nord) il Giro della Val Serviera (FOTO), mentre verso sinistra (destra orografica della valle) si stacca un sentierino forse segnato sulle carte IGM, chiamato localmente u castagliùrë. La formazione ed il significato di questo toponimo sono oscuri. Questo sentiero porta alla località nota ai pastori locali come l'ortë du guardabbòschë. Evidentemente, si trattava di un recinto forestale, non so se ancora utilzzato.

18. Alla Bocca dei Valloni sfociano anche alcuni valloncelli dal versante orografico destro della valle. Il primo di questi è chiamato la canàlë (dë) dënàtë, da un personale locale, 'Donato', che tra l'altro è il nome di uno dei miei informatori. Il secondo valloncello è quello dove si trova, a 1200 m ca., la gròttë dë sandëspìrëtë. Si tratta di una grotta naturale che ha ospitato una cella eremitica collegata al sottostante monastero. L'agionimo S. Spirito lascia pensare ad una frequentazione celestiniana. E' dal nome di questa grotta che dipende il nome vàllë dë sandëspìrëtë attribuito - sembra localmente a tutta la valle principale tra lo Stretto e la Bocca dei Valloni, e ripreso dalla cartografia IGM come Valle S. Spirito.

La valle di Macchia Lunga

19. La parte centrale della valle principale di Fara presenta la successione di tre porzioni di bosco (faggeta). Alla Bocca dei Valloni comincia il primo bosco, chiamato la prëcinìtë (FOTO). Questo toponimo, costruito come fucìtë da 'foce', potrebbe risalire al tipo prece 'balza ripida'.

20. Il primo bosco termina alla radura (1380 m) chiamata l'àrë dë tàssë, o l'ardëtàssë (FOTO). Il nome chiaramente riflette la voce ara nel senso di 'radura', con la specificazione che è il fitonimo tasso, specie nitrofila che vegeta nelle zone frequentate dagli armenti.

21. All'incirca in corrispondenza dell'Ara di Tasso, scende dalla destra orografica il fosso chiamato u cupónë, da un chiaro accrescitivo dell'appellativo cupo.

22. Dopo l'Ara di Tasso comincia il secondo bosco della valle, detto màcchja lònghë con un sintagma composto dall'appellatvo macchia e dall'aggettivo lungo. Il nome dialettale del bosco è stato ripreso dalla cartografia storica e IGM per designare come Valle di Macchia Lunga tutto il settore centrale della valle.

23. Il secondo bosco, quello della Macchia Lunga, costeggia la radura (1450 m) nota come u stazzèttë (FOTO). La località prende evidentemente il nome da uno stazzo che doveva qui esistere. Curiosamente, da questa località partiva un sentierino segnato sulle carte IGM che rimontava una fascia scoperta sul versante destro del bosco chiamata li jaccìttë, cioè, con un appellativo jaccio che ha lo stesso significato di stazzo.

24. Proseguendo ai margini del secondo bosco, in terreno aperto, si arriva a 1600 m ca. all'importante localtà del mëlàzzë, dove si trova l'omonima fonte (FOTO) con vicino una cascatella in genere secca d'estate. Il toponimo riflette un fitonimo dialettale, alterato di melo, che designa il 'melo selvatico'. Da questo nome dipende anche quello della gròttë du mëlazzë, grotta che si trova su alcune paretine alla destra di chi sale (1775 m).

25. Dopo il Milazzo e la deviazione per il Piano della Casa, proseguendo lungo la valle si attraversa il terzo ed ultimo bosco. Questo non ha un nome specifico, mentre una sua diramazione che sale sulla destra orografica della valle, alle pendici della Valle dello Stincone, è chiamata la màcchja làrghë, forse in opposizione alla Macchia Lunga sottostante.

La Valle Cannella

26. Quando il terzo bosco termina, la valle si apre nel maestoso circo (1900 m ca.) della sàlë du mònëcë (FOTO). Questo toponimo riflette l'appellativo sala che, come nel linguaggio comune, designa un'ampio spiazzo, un allargamento della valle, con la specificazione da monaco, forse ancora allusiva al monastero sottostante. Alla sinistra orografica della valle, sopra la Sala del Monaco, si eleva la crestina nota localmente come la cimèttë dë la sàlë du mònëcë.

27. A monte della Sala del Monaco, dopo una zona di mughi, si apre il tratto più elevato della valle di Fara, che prende il nome di vàllë cannèllë (FOTO). Il toponimo, ripreso dalle carte IGM come Valle Cannella, riflette l'appellativo cannella, ma la motivazione non è del tutto chiara. A 2100 m ca., in corrispondenza del bivio per la Grotta dei Diavoli, si trova la località u jàccë dë vàllë cannèllë, dove era evidentemente uno iaccio.

28. Dallo Iaccio di Valle Cannella parte a sinistra un sentierino che sale a mezza costa lungo i pendii della Cima dell'Altare, diretto alla gròttë di dièvëlë (2250 m ca.), dove è stato attrezzato un rifugio pastorale (FOTO). Il nome della grotta ha una motivazione magico-religiosa, alludendo ai diavoli.

29. Nella parte più alta della Valle Cannella il terreno si fa accidentato, conformato a doline e dossi. E' la zona detta li cuppjècchjë dë mónd'amàrë, dove si trova, dietro uno di questi dossi forato da una grotta, il rifugio Manzini (2523 m) (FOTO) proprio sotto il terzo Portone della cresta sommitale della Maiella. Il nome della località riflette un alterato dell'appellativo coppo 'dolina'.

30. Nell'alta Valle Cannella, sotto il secondo Portone della cresta principale della Maiella, si trova la località detta dagli informatori locali làghë maggiórë. Il nome, sconosciuto alle carte IGM e alla bibliografia escursionistica, riflette un appellativo lago che qui forse indica una pozzanghera che si forma al disgelo.

La montagna di Monte Amaro

31. La cima della Maiella si innalza sopra la testata della Valle Cannella. E' mònd'amàrë (2793 m), punto spartiacque tra i bacini del Sangro e della Pescara e quindi tra le province di Pescara, Chieti e L'Aquila. Oltre alla cima, il toponimo dialettale indica tutta l'altopiano sommitale, compresa la cima (2646 m) che sulle carte IGM è chiamata Pesco Falcone, mentre il toponimo pèschjë falcónë, registrato a Caramanico, sta ad indicare il cocuzzolo che chiude la valle dell'Orfento, ovvero la q. 2658 (IFM M. Rotondo). Come si evince dalla Bolla di Onorio III in cui è riportato Mons Malus, il sintagma originario non è 'monte amaro' ma 'monte malo'. Il senso della designazione allude comunque all'asperità del luogo.

32. La cresta spartiacque che porta a Monte Amaro si caratterizza per i trè purtùnë, tre depressioni. Il primo portone (da est a ovest) si trova fra le Coste dell'Acquaviva e la Cima del Mammoccio (2568 m). Il secondo tra questa cima e il vero Peschio Falcone (2566 m). Il terzo tra quest'ultimo e la cima di Monte Amaro (2560 m). Visto che sulle carte IGM il toponimo Tre Portoni è segnato in corrispondenza di una cimetta secondaria, alcune pubblicazioni riportano erroneamente un toponimo M. Tre Portoni (2673 m).

33. Il vasto altopiano sommitale, tra il terzo portone e la cima di Monte Amaro, prende a Fara il nome lë piènë dë sandeufèmië, perché si trova a confine con il territorio di S. Eufemia a Maiella.

La montagna di Macchiaverde

34. Dalla Fonte del Milazzo, proseguendo ancora un po' nella valle, si giunge ad un bivio a 1650 m ca. Un sentiero a destra conduce alla Grotta dei Porci (1735 m), rifugio attrezzato dal CFS (FOTO). Il nome dialettale di questa grotta non è stato registrato nel corso dei miei sopralluoghi, ma il senso della designazione è chiaro.

35. Dalla Grotta dei Porci, si rimonta il crinale della Macchiaverde lungo il "sentiero della Val Mandrella". Il sentiero alterna tratti di bosco a radure, nella località chiamata u còllë di curiègnë. Nel tratto ancora scoperto si trova un secondo rifugio (FOTO), che dovrebbe corrispondere alla gròttë di curiègnë nota ai pastori locali. Il senso di questa denominazione, curiègnë, è oscuro, ma potrebbe essere una variante locale dell'appellativo boragno.

36. Alla zona dei rifugi si può salire anche dal fondovalle di Macchia Lunga, e precisamente dall'Ara dei Tassi. Si esce dal bosco alla piànë di candùnë, una piana, cioè una 'radura', sotto una zona rocciosa, dalla quale dipenderà la specificazione cantone attribuita al toponimo.

37. La Piana dei Cantoni è sovrastata da una zona rocciosa dove svetta u pìzzë du cudàcchjë (1513 m). Questo nome riflette un alterato dell'appellativo coda usato come traslato geomorfico.

38. Dopo i due rifugi, il sentiero della Val Mandrella devia decisamente verso sinistra risalendo un ultimo pezzo di bosco ed entra nella vasta zona erbosa chiamata u piànë la càsë (1783 m). Vi è un area picnic ed è ottimo punto per campeggiare e splendido balcone panormaico (FOTO). Il nome riflette l'appellativo piano e la specificazione casa, forse per via di un rifugio che doveva qui trovarsi.

39. Tagliando la radura del Piano della Casa, si traversa in leggera discesa scavalcando una crestina che si affaccia sul sottostante Vallone del Macellaro. Si tratta della cimèttë du piànë la càsë, la cui denominazione riprende quella della radura. Appena oltre (1815 m), si trova lo stazzo pastorale chiamato la gròttë dë fònda ilàtë (FOTO). Il nome dello stazzo richiama quello di una fonte, dall'acqua gelata.

40. Dopo la Grotta di Fonte Gelata, il sentiero della Val Mandrella continua con vista sulla sottostante valle in una mugheta, prima di arrivare al fondovalle (1930 m). Ci si trova nella vàllë dë lë mandrèllë, nome che però designa solo questo tratto, il più alto, della vallata che più in basso è detta Vallone del Macellaro. Normalmente non vi è collegamento tra i due settori, a causa dell'inaccessibilità dei luoghi ed in particolare di un salto (1900 m ca.) detto la fócë: la Valle delle Mandrelle è percorsa dall'alto, ad esempio scendendo dal primo Portone, mentre il Vallone del Macellaro è risalito dal basso (Bocca dei Valloni). Il toponimo, segnato sulle carte IGM come V. delle Mandrelle, riflette l'appellativo mandra, con un diminutivo.

41. Il tratto più alto della Valle delle Mandrelle è caratterizzato da un breve canyon (FOTO), che dovrebbe essere chiamato localmente u vàdë dë la névë. Il termine vado designa uno stretto passaggio, mentre la specificazione alluderà al tratto in ombra dove si accumula neve per buona parte dell'anno.

42. Alla testata della Valle delle Mandrelle si trova u trattùrë, o piànë du trattùrë, probabilmente un sentierino che scende dal primo 'portone'. Il nome, infatti, riprende l'appellativo trattoro. Accessibile dal fondovalle è anche segnalata la gròttë dë trazzìrë, in posizione non meglio identificata, quantunque anche la specificazione del nome, trazzera, designa un sentierino.

43. La montagna che funge da spartiacque tra la Valle delle Mandrelle e la Valle Cannella presenta due cime. La prima è riportata sulle carte IGM come C.ma Pomilio (2636 m) (FOTO) ma è nota localmente come cìmë du mammòccë, evidentemente per via dell'ometto di pietra posto alla sua sommità, chiamato in dialetto mammoccio. La designazione ufficiale sarà stata coniata dal CAI di Chieti nel secolo scorso.

44. La seconda cima sulla cresta spartiacque tra Valle delle Mandrelle e Valle Cannella ha la designazione ufficiale di M. S. Angelo (2669 m), che sembra dipendere da un agionimo, forse relativo ad una grotta (culto di S. Michele Arcangelo). La cima ha due designazioni locali, a seconda del versante. Dal versante nord è nota come cìmë dë la màcchja vérdë, con riferimento alla macchia di pini mughi. Dal versante sud è invece chiamata cìmë dë vàllë cannèllë, poiché sovrasta la valle in questione.

La montagna dell'Acquaviva

45. A Bocca dei Valloni parte un sentiero (sulla destra di chi risale la valle principale) ricalcato dal tracciato escursionistico del Giro della Val Serviera. Il sentiero risale dapprima sul crinale boscoso delle scòssë. Questo toponimo riflette un appellativo usato in area chietina per indicare un 'terreno smosso'.

46. Il crinale delle Scosse prosegue in alto con il dosso chiamato u còllë carciòfënë, con un sintagma che riprende l'appellativo geomorfico colle, qui forse nel senso di 'sommità pulita a monte del bosco', con una specificazione che è la versione dialettale di 'carciofo', forse con allusione alla forma della località.

47. In località Colle Carciofo, il Giro della Val Serviera lascia a sinistra di chi sale un vecchio sentierino che penetra nel vallónë du macëllàrë, forra selvaggia poco frequentata dagli escursionisti (FOTO). Il bivio è segnato da alcuni segnavia (FOTO). Il nome, non indicato sulle carte IGM, allude alla pericolosità del luogo per gli animali, quasi un macello. In questo vallone, più in alto, si trova quella che gli escursionisti chiamano Cascata del Macellaro (1700 m ca.), ma che localmente è nota come Calaturo del Puzzone.

48. Lungo il sentiero del Vallone del Macellaro, a monte (destra) di chi sale si trova la gròttë dëll'òrnë (FOTO), uno stazzo abbandonato. Si tratta di una grotta che prende il nome dall'orno, la specie arborea che evidentemente vegeta nel luogo. Oltre lo stazzo, il sentiero è attrezzato con cavi e scale in metallo (FOTO) ed attraversa una caratteristica caverna, prima di arrestarsi alla Cascata del Macellaro.

49. Lungo il Giro della Val Serviera, dopo il bosco delle Scosse, si trova invece la gròttë dë la puticchjósë, probabilmente a 1400 m ca. Questo riparo ha il nome formato su un aggettivo sostantivato che significa 'puzzolente'. Forse la puticchjósë è propriamente il nome della località dove si trova la grotta.

50. Il Giro della Val Serviera transita a mezza costa sopra il tracciato dell'Acqua Trifoglio, quando questo a sua volta evita, passandogli sopra, una fascia rocciosa che domina la valle principale e la località del Vascello. Questa falesia si chiama u scaricapànë, con un nome dialettale che vale 'salita scomoda, pendio sassoso' e che è ha una struttura di tipo 'imperativale', col verbo 'scaricare' e un appellativo pan(n)e che dovrebbe valere 'ciottolo, pietra'. Il senso proprio della designazione è dunque quello di una località 'da dove rotolano le pietre'. Il toponimo Scaricapane è segnato in una carta del XVII sec. e citato nella "Descrizione topografica" di Giuseppe Del Re, quantunque con connotazione alquanto imprecisa, ad indicare una zona molto vasta.

51. Il Giro della Val Serviera, salendo dalla Bocca dei Valloni, incontra a 1600 m ca. un sentierino che risale dalla valle principale, e precisamente dalle Vatarelle. Lungo questo sentiero si trova u cavùtë. Probabilmente la designazione trae origine dalla presenza di una roccia bucata, forse un arco naturale, come quello (FOTO) che però è segnalato piuttosto lungo il sentiero dalla Liscia verso la Cima della Stretta.

52. Il punto più elevato del Giro della Val Serviera è, a 1635 m, u cambanàrë. Si tratta di un torrione roccioso ai margini del bosco, designato con la voce dialettale che indica il 'campanile', con allusione alla forma.

53. Al Campanaro, il Giro della Val Serviera scavalca una dorsale secondaria della cresta della Cima dell'Acquaviva. Più in alto su questa dorsale si trova la càsë dë pìtrë, forse un ricovero in posizione non meglio identifcata.

54. Le carte IGM segnano una cima a 2214 m sulla dorsale della Cima dell'Acquaviva come M. Pizzone. Questa designazione si confronta con la dialettale cìmë du puzzónë, che però indica tutta la cresta, culminante a 2378 m) che sovrasta da Nord la gròttë du puzzónë. Questa importante grotta si trova sul versante sinistro del Vallone del Macellaro. E' nei pressi della grotta che si trova u calatùrë du puzzónë, oggi chiamata Cascata del Macellaro (FOTO). Il nome dialettale riflette un appellatvo dialettale che dipende dal verbo calà 'scendere'. Quanto all'appellatvo puzzónë, sembra un accrescitivo di pozzo, forse con allusione alla forra del Vallone del Macellaro.

55. Ad Ovest della Cima del Pozzone, si apre la vàllë chjarìnë, che confluisce da sinistra nella Valle delle Mandrelle. Frequentata dai pastori, la valle prende forse il nome dal colore chiaro, cioè pulito dal bosco, rispetto al versante orientale della Cima del Pozzone. Il toponimo cìmë dë vàllë chjarìnë è uno dei nomi che designano localmente la montagna che sulle carte IGM è chiamata M. Acquaviva (2737 m), e precisamente il suo versante meridionale.

56. Oltre la Valle Chiarina, una seconda vallecola laterale alla Valle delle Mandrelle è la vàllë junèbbrë, che scende dalla sella tra la cima del cosiddetto M. Acquaviva e l'altra elevazione a 2727 m, la quale localmente è chiamata cìmë dë la vàllë junèbbrë. Questo toponimo riprende il fitonimo dialettale per indicare il 'ginepro'.

57. Proseguendo il Giro della Val Servera oltre il Campanaro, si perviene ad un bivio nei pressi della fundànë du pièschjë (1582 m). Questa fonte trae la denominazione dal vicino còllë du pièschjë, che dovrebbe corrispondere al torrione roccioso segnato sulle carte IGM a 1584 m, sulla cresta che separa la Valle di S. Spirito dalla Valle Cerviera, quantunque il nome è ormai spesso attrbuito all'altra cimetta, più bassa, segnata da un ometto e da uno strano monumento che rappresenta un aeroplano. Nei pressi, a 1500 m ca., si trova anche la gròttë du pièschjë, descritta da E. Micati. Tutti questi toponimi riflettono la voce peschio.

58. Superata la Fontana del Peschio, il Giro della Val Serviera svalica e passa sul versante destro della Valle Cerviera, trovando la gròttë du jàccë. Più avanti c'è l'altra gròttë di narùlë. Il primo toponimo riflette l'appellativo iaccio, mentre il secondo è alquanto oscuro.

59. Il Giro della Val Serviera attraversa il fondovalle nel punto in cui questa si forma dalla confluenza di due fossi. Il nome dialettale della valle, vàllë sërvìrë, si applica da questa confluenza, chiamata lë piènë dë vàllë sërvìrë, fino a valle alla confluenza col fosso della Cramosciara. Il toponimo dialettale sembra derivare dallo zoonimo cervo, con una resa locale in se- documentata per altri vocaboli.

60. Il più meridionale dei due fossi che confluiscono nella Valle Cerviera è la vàllë dë l'accuvìnë (FOTO). Questo fosso prende il nome dall'omonima sorgente, l'accuvìnë, situata più a monte a 1900 m ca. che alimenta l'acquedotto "della Val Serviera". Il nome della sorgente è una versione dialettale del sintagma acqua viva ed è attribuito dai pastori locali anche alla cima che la sovrasta, cìmë dë l'accuvìnë, la quale non è altro che il versante Est della seconda cima della Maiella, quella che sulle carte IGM è chiamata ormai M. Acquaviva (2737 m). Questo nome ufficiale non ha attestazioni antiche: evidentemente, i topografi militari alla fine del XIX sec. hanno esteso il toponimo dialettale, riferito ad un versante particolare, a tutta la montagna.

61. Alla Fontana del Peschio, si stacca dal Giro della Val Serviera un sentierino assai difficile che raggiunge la Cima della Stretta. Prima di questa, in direzione est, transita però sul còllë falàschë (1533 m), sullo spartiacque tra la Valle Cerviera e la Valle di Santo Spirito. Il toponimo riprende il fitonimo dialettale falasco.

62. L'ultima elevazione, a ridosso del centro abitato, della dorsale che trae origine dal Monte Acqauaviva è chiamata localmente sia u pìzzë dë la strèttë che cìmë dë la strèttë (1497 m). Quest'ultima denominazione è stata ripresa dalle carte IGM come C.ma della Stretta ed è entrata nell'uso escursionistico. La cima (FOTO) è difficilmente raggiungibile da un sentiero tra le rocce che parte dalla Gole (lo 'Stretto'). Prende il nome o dal fatto di essere molto affilata, 'stretta', oppure perché sovrasta lo Stretto. Un valloncello che scende dalla cima verso la Valle del Fossato è pure chiamato vallòcchjë dë la strèttë.

La montagna del Forcone

63. Il secondo fosso che confluisce nella Valle Cerviera è la vàllë du furcónë (FOTO). Il nome, ripreso dalle carte IGM come V. del Forcone, riflette chiaramente un alterato del termine forca. Questo toponimo si riferisce alla sella tra le due cime sulla cresta tra Fara e Palombaro, 2259 m e 2240 m. Come spiegato nella pagina su Palombaro, le carte IGM hanno spostato il toponimo C.ma Forcone alla cima più bassa, mentre a Palombaro cìmë dë lu furcónë indica la più alta. Da notare che il termine Furca è citato tra i confini di Fara già nel documento del XIII sec. menzionato nell'Introduzione.

64. La parte alta della Valle del Forcone è chiamata localmente vàllë sgrétë, mentre a Palombaro ho registrato vàllë sgréjë. Anche questo toponimo si trova nel documento del XIII sec., come Seregetum o Stregete, mentre è assente nella cartografia moderna. Formalmente, potrebbe dipendere dal termine dialettale sgréjë 'scheggia', ma se è la versione sgrétë quella originale, l'etimologia si fa più incerta. A Palombaro, la testata della valle, appena sotto l'insellatura tra la cresta delle Murelle e la Cima di Valle Ginepro, è chiamata la piànë dë vàllë sgréjë, mentre la stessa cima è detta cìmë dë vàllë sgréjë.

65. Proprio sopra la confluenza della Valle dell'Acquaviva con la Valle del Forcone, dove il Giro della Val Serviera attraversa il fondovalle, si trova l'importante zona dei callarièllë, con la gròttë di callarièllë (FOTO). Questo riparo naturale è attrezzato a rifugio gestito dal CFS. Il nome riflette l'appellativo caldara 'caldaia, conca, secchio', forse da un utensile dei pastori, o con allusione alla forma.

66. Il bosco sopra la bassa Valle del Forcone è chiamato la màcchja pahanë. Questo curioso toponimo riflette l'aggettivo 'pagano', storicamente derivato da pago nel senso di 'pertinente ad un distretto rurale'. La motivazione specifica per tale denominazione, però, sfugge.

67. A monte della Macchia Pagana, si innalza la vetta che le carte IGM chiamano C.ma Forcone (2240 m). In realtà, il nome dialettale per questa cima è piuttosto la cìmë du rapàrë, che si confronta con il toponimo lu crapàrë, usato a Palombaro per indicare un po' tutta la cresta, e la còstë du crapàrë, che a Fara designa gli impressionanti balzi rocciosi che dominano il Giro della Val Serviera (FOTO). Le carte IGM collocano il nome C.ma Raparo più in basso sulla cresta (2000 m ca.) appena sopra le rocce. Quanto al significato del nome, la versione di Palombaro chiarisce che si tratta di un derivato di crapa, metatesi dialettale di 'capra', nel senso di 'luogo disagevole, adatto solo alle capre'. Nel documento XIII sec., il toponimo forse si cela dietro la versione Serra Rotaro, citata dopo Seregetum e Furca nel percorrere in senso orario i confini di Fara. Da segnalare, infine, una gròttë du rapàrë lungo il Giro della Val Serviera.

68. Oltre la confluenza della Piana e i Callarelli, il Giro della Val Serviera continua sul versante sinistro della valle, ricalcando il percorso dell'acquedotto di Palombaro. Lungo la conduttura, incontra la sorgente di fòndë viólë. Il nome, ripreso dalle carte IGM anche come V. Fonte Viola, ad indicare la valle secondaria dove si trova la sorgente, sembra di origine antica, e potrebbe riflettere non il fitonimo 'viola', ma un antico appellativo *aviola, diminutivo di *ava, nome prelatino per 'acqua, sorgente'.

69. Oltrepassata Fonte Viola, il Giro della Val Serviera transita accanto ad una fila di grotte pastorali, alcune delle quali attrezzate (FOTO). Localmente sono chiamate semplicemente i grùttë, dall'appellativo grotta declinato al maschile. Il cocuzzolo sopra la fascia rocciosa dei Grotti (1727 m) è detto u còllë i grùttë.

70. Dalle Grotti, parte un sentierino pastorale che transita sotto al Giro della Val Serviera, ricongiungendosi a questo solo a Colle Bandiera. La prima località attraversata da questo sentierino è u còllë du spìnë, dal nome che richiama chiaramente la natura spinosa della vegetazione.

71. Andando dalle Grotti a Colle Bandiera, dopo il Colle dello Spino c'è còllë casciarìnë. Il toponimo riflette la vita pastorale, nella specificazione che è un alterato di caciaro 'pastore che fa il formaggio', ma anche 'luogo dove si fa il formaggio'.

72. A mezza costa dopo i Grotti, il Giro della Val Serviera entra in un bosco di faggi, chiamato u macchjónë (FOTO). Il nome è un chiaro alterato di macchia. Le carte IGM lo riportano come il Macchione ma lo localizzano erroneamente a valle del bosco.

73. Uscito dal Macchione, il Giro della Val Serviera supera un valloncello attraverso dei gradini scavati nella roccia, sotto un ben visibile sgrottamento. Questo punto, ignorato dalle relazioni escursionistiche sul web, è ricordato dai pastori locali come la scàlë du ròscë. Se scala si riferisce alla natura del sentiero, la specificazione alluderà al colore rosso della roccia, per via dei minerali in essa contenuti. Sotto al Giro della Val Serviera, il sentierino che va dalle Grotti a Colle Bandiera trova in un fosso secondario la località l'archivétë, dal nome oscuro.

74. Dopo aver superato il valloncello della Scala del Rosso, il Giro della Val Serviera continua ancora un po' a mezza costa e poi comincia la discesa seguendo il tracciato dell'acquedotto. Si incontra qui una seconda fontana, la fòndë purtèllë. Il crinale sopra la fonte è anche chiamato còllë fòndë purtèllë. Il toponimo riflette un diminutivo di porta, certo come traslato geomorfico, ma non ne è chiara la motivazione.

75. Sopra Fonte Portella, verso la cimata del Craparo, i pastori locali segnalano una gròttë dë la piònëchë. Questo curioso nome riflette l'appellativo dialettale che indica 'miseria, fame', evidentemente con allusione alle caratteristiche del sito.

76. Dopo Fonte Portella, il Giro della Val Serviera trova una deviazione a 1340 m ca (FOTO). Salendo sulla sinistra, si trova subito dopo uno stazzo chiamato la ramusciàrë (1375 m ca.). Il nome riflette l'appellativo locale cramoscio per 'camoscio', ed allude dunque alla tradizionale presenza di questi animali. Questo toponimo è stato esteso al sottostante valloncello, parzialmente boscato, che confluisce verso il Fossato.

77. Sotto al fosso della Camosciara, fra i dirupi che scendono al fondovalle, si trova la località u vàiz'u fèrrë. Non è chiaro se tale zona abbia meritato una denominazione specifica perché vi si trova una grotta o altro punto eminente. Si tratta della variante locale dell'appellativo balzo, con una specificazione da ferro, per via del colore della roccia.

78. A valle della confluenza del fosso della Camosciara, la Valle Serviera cambia nome e prende quello di vàllë du fussàtë. Si tratta del tratto più profondo e spettacolare, frequentato da torrentisti e speleologi. Il toponimo riflette l'appellativo fossato.

79. Continuando a salire dopo lo stazzo della Camosciara, il sentiero Colle Bandiera-Murelle raggiunge un fontanile (1435 m), non segnato sulle carte (FOTO). Nella zona ne dovevano esistere altri, perché è ricordata dai locali come la piànë di fundë, ovvero 'piana delle fonti'.

80. Continuando lungo il sentiero Colle Bandiera-Murelle, si passa vicino alla gròttë di parìtë, una serie di cavità di forma allungata sotto una fascia rocciosa (1500 m ca.) ben visibile dal basso (FOTO). Il nome della grotta riflette la natura del luogo perché è il plurale di parete. Altri ricoveri naturale della zona, raggiungibili dallo stesso sentiero, sono la gròttë dë la custànzë, sotto un caratteristico torrione dalla sommità squadrata, e la gròtta tònnë, più defilata. La specificazione del primo toponimo è oscura, mentre il secondo richiama la forma tonda della grotta.

81. La montagna che domina il tratto più a nord del Giro della Val Serviera è l'ultima elevazione del crinale che separa Fara da Palombaro (2017 m). Sulle carte IGM è chiamata C.ma Macirenelle, riprendendo un nome in uso a Palombaro. Dal versante di Fara, la cima è detta piuttosto la cìmë dë chjarinèllë o ancora la cìmë dë fundanèllë. Il primo toponimo riflette nella specificazione un alterato di chiarino, appellativo di solito attribuito a torrenti di montagna. La seconda denominazione dipende dalla sottostante località (1850 m ca.) dove si trovano lë fundanèllë. Queste sorgenti sono sotto la sella tra l'anticima (1897 m), segnata dal C.F.S. (FOTO) e la cima vera e propria.

82. Continuando lungo il Giro della Val Serviera dopo il bivio con il sentiero Colle Bandiera-Murelle, si scende decisamente nella località màcchja rëllàtë. Questo nome riflette l'appellativo macchia e una specificazione che è un participio da rella, nome locale dell''edera'. Oggi il crinale è nudo.

83. Un punto caratteristico del Giro della Val Serviera è còllë bbandìrë, un cocuzzolo (1197 m) che si eleva su un crinale secondario della cresta di Macirenelle, sormontato da una croce (FOTO). Il toponimo, ripreso dalle carte IGM come C.le Bandiera, riflette il traslato geomorfico bandiera.

84. Sotto Colle Bandiera si trova una fontanella (FOTO), sulla quale è riportata una frase. La zona è chiamata u muzzónë, da un caratteristico torrione roccioso nei pressi. Si tratta di un alterato di mozzo.

85. Il colle sotto Colle Bandiera, aggirato dal Giro della Val Serviera e riconoscibile per un caratteristico alberello che segna la fine della ripida salita per chi viene da Capo le Macchie, è chiamato localmente u còllë du mélë. Si tratta di un toponimo formato con l'appellativo colle e la specificazione melo (forse l'alberello ivi presente).

86. Sotto Colle Bandiera, raggiungibili attraverso una diramazione del Giro della Val Serviera, si trova una seria di grotte adibite a ricovero per i pastori, chiamate lë prësëlàrë. Questa denominazione è un derivato di presola 'sedile di legno', usato come traslato geomorfico allo stesso modo di mozzo. Sulle carte IGM, il toponimo le Preselaria è segnato erroneamente, al di sopra del sentiero.

87. Sotto Colle Bandiera, verso il fondovalle del Fossato, c'è la gròttë pòrc'arcjèngëlë, una delle più interessanti dal punto di vista delle concrezioni, citata anche nei siti web turistici. Il nome va analizzato come porca 'Arcangeli', col secondo elemento che è o un cognome, vista la forma plurale, o rimanda all'agionimo '(S. Michele) Arcangelo'.

88. Lungo il Giro della Val Serviera, dopo Colle Bandiera, si trova una bottina dell'acquedotto con fontana (FOTO), in località i navièllë. Questo toponimo sempbra riflettere la base nava, di antica origine, che pare designare località vallive ed in particolare 'buche' nel terreno ed appare spesso al plurale. Potrebbe trattarsi di un semplice traslato geomorfico dal vocabolo, latino o sabellico pre-latino, per 'nave', con riferimento alla forma.

89. Dopo i Navelli, il Giro della Val Serviera transita in pendenza sul còllë dë mésë, il cui nome significa 'colle di mezzo' per essere. Da queste parti si trova la gròttë dë vàizaguèrrë, ben visibile anche dal paese di Fara. Il nome della grotta appare un composto di balzo e di 'guerra', ma il senso della designazione non è chiaro.

90. L'ultimo tratto del Giro della Val Serviera (compiuto in senso orario) si sviluppa in pendenza verso la strada di Capo le Macchie. Su questo tratto si trovano le grùttë rùscë, non meglio identificate grotte 'rosse'. A 780 m si trova un bivio con la mulattiera dell'acquedotto: sulla sinistra di chi scende si trova una botte di carico (FOTO), mentre il Giro continua sulla destra.

91. Il Giro della Val Serviera termina (se compiuto in senso orario) alla località di càpë lë màcchjë, raggiungibile tramite strada asfaltata sia da Fara che da Palombaro. Il nome della località, marcata da alcune case rurali, riflette un sintagma con la preposizione capo 'in cima a' e l'appellativo macchia.

La montagna di Tarino

92. La lunga dorsale che chiude a sud il vallone di Fara è percorribile con un sentiero, noto come sentiero Piano del Lago-Monte Amaro. Il sentiero parte dalla strada tra Fara e Lama, con una strada bianca che si trova in territorio di Civitella Messer Raimondo. Il sentiero tradizionalmente usato dai faresi per accedere al crinale è invece quello chiamato u gravàrë, che sale tra gli olivi dalle case nuove del paese (km 60+500 della statale) e si ricollega alla sterrata dove questa termina, nei pressi della Casa del Pastore (700 m). Il toponimo riflette l'appellativo gravaro.

92. L'ultima propaggine del crinale alla destra orografica del vallone, raggiunta dalla sterrata e poi dal sentiero Piano del Lago-Monte Amaro, è la cìmë dë tarìnë (1467 m). Si tratta in realtà di un cambio di pendenza, che appare una cima solo dal basso. Il toponimo tramanda l'importante oronimo tarino, che rappresenta uno dei nomi più antichi della Maiella, probabilmente il nome originario del versabte orientale (vedere qui). Sulle carte IGM il toponimo dialettale è stato adattato come Monte Tarì.

93. Dalla Cima di Tarino vari fossi scendono sul versante settentrionale del crinale verso le gole di Fara e la parte bassa del vallone. Quello più orientale dovrebbe essere la vàllë du ceràscë, che trae il nome dal fitonimo ceraso, mentre più ad ovest ci sono i vallungèllë. Sotto la cima, un cocuzzolo roccioso che si protende verso il monastero e le gole è segnalato su alcuni siti come Cima dello Spione (FOTO), toponimo che però non ho potuto registrare dalla voce dei paesani.

94. Risalendo il crinale che chiude a sud il vallone di Fara, a monte della Cima di Tarino (1550-1650 m ca.) si trovano due località dal nome simile: l'àra dònnë e cìma tònnë. La prima è chiaramente una radura, un'ara mentre la seconda è un'asperità coperta da vegetazione. Mentre la specificazione del secondo toponimo è chiaramente l'aggettivo tondo, quella del primo toponimo potrebbe essere il risultato di una pronuncia leggermente divergente, o tutt'altro vocabolo, magari legato all'aggettivo donnico.

95. Un fosso che dall'Ara Donna scende sul versante settentrionale della cresta in direzione delle Vatarelle è chiamato localmente la vàlla murgèttë. Questo nome riflette chiaramente un diminutivo dell'appellativo morgia. Più oltre, un altro fosso è detto u cutìnë, dal vocabolo dialettiale cutino 'pozzanghera, dolina dove si raccoglie l'acqua'.

96. Il lungo tratto intermedio, ormai libero dal bosco, del crinale che chiude a sud il vallone di Fara non presenta molte località degne di nota. Complessivamente, è chiamato cimërónë lònghë proprio perché interminabilmente lungo.

97. L'unica cimetta dotata di nome sul crinale di Cimerone Lungo è quella rocciosa a 1875 m ca., nota come pèschjë (c)ràpë a Fara e pìschjë dë cràpë a Lama. Si tratta chiaramente di un toponimo allusivo all'asperità del luogo, frequentato dalle capre.

98. A monte di Cimerone Lungo, approssimativamente dai 2000 ai 2500 m, il crinale alla destra orografica della valle prende un altro nome complessivo, che è la cìmë di grìvë. La specificazione di questo toponimo sembra essere il vocabolo grivë 'crivello', che qui è usato come traslato geomorfico per designare delle 'doline'.

99. Sotto alla Cima dei Grivi, dunque sul versante orografico destro del vallone di Fara, sono segnalate due grotte, in posizione non meglio identificata. Sono la gròttë dë la mullàcë e, vicino a questa, la gròttë dë lë grènnëlë. Quanto ai toponimi, il primo riflette un appellativo sconosciuto, mentre il secondo richiama il nome dialettale della 'rondine', o forse del 'pipistrello'.

100. Il punto più notevole del crinale che chiude il vallone di Fara da sud è certamente la cìmë dë l'aitàrë (2542 m) (FOTO), in realtà un dosso che emerge dall'altopiano sommitale della Maiella, retto verso il fondovalle da una crestina di sfasciumi e paretine rocciose. Il toponimo riflette l'appellativo altare, verosimilmente usato come traslato geomorfico.

101. La vallecola che scende dalla Cima dell'Altare verso Melazzo ed il fondo del vallone di Macchialunga si chiama vàllë du stangónë. Si arriva qui proveniendo dalla Grotta dei Diavoli o dal fondovalle attraversando Macchia Larga. La denominazione sembra riflettere l'appellativo stanga 'stanga del carro, bastone', forse usata come traslato geomorfico.



Località registrate ma di difficile identificazione sono pòrchë di cuòrvë e pòrchë dell'òrsë (sulla destra orografica della valle, nella zona che precede, per chi sale, la Bocca dei Valloni) i cui nomi riflettono l'appellativo porca, la gròttë dë la névë, forse ad alte quote,