Grammatica abruzzese

1. Introduzione


2. Suoni e lettere

In questa pagina vediamo quali suoni (fonemi) ha l'abruzzese e come li trascriviamo nella nostra grafia (grafemi). Vedremo che mentre ad ogni suono corrisponde, tranne in casi particolari, un unico segno grafico, non è vero il contrario: alcune delle 25 lettere impiegate possono rappresentare diversi suoni.

I suoni presenti nell'ortonese e in generale nei dialetti abruzzesi sono 34, 9 vocali, 2 suoni semivocalici e 24 consonanti. Eccoli nella tabella seguente nella loro trascrizione secondo l'alfabeto fonetico internazionale (AFI), insieme a qualche esempio di parola e alla trascrizione (ortografia) che seguirò in queste note. Come noterete, la trascrizione fonetica andrà sempre tra parentesi quadre, il testo in abruzzese in grassetto, la traduzione italiana in corsivo.

Suono (AFI) Trascrizione Esempi
Vocali
[a] a Sandumasse San Tommaso
[ɛ] è Lurènze Lorenzo
[ɔ] ò Ndònje Antonio
[e] é Mecchéle Michele
[o] ó Urtóne Ortona
[i] i Letizzje Letizia
[u] u Pellutre Pollutri
[ə] e
[æ] è Langène Lanciano
Semivocali
[j] j La Jòmmere (c.da) Ghiomera
[w] u Lu Uashte Vasto
Consonanti
[b]
[b:]
b
bb
Cambuasce Campobasso
Bbardèlle (c.da) Bardella
[p]
[p:]
p
pp
Pàvele Paola, -o
Cappèlle Cappelle
[d]
[d:]
d
dd
Danjéle Daniele
Ddi(j)e Dio
[t]
[t:]
t
tt
Tumasse Tommaso
Felétte Filetto
[g] g Frangaville Francavilla
[k]
[k:]
c, c(a), c(o), c(u), ch(e), ch(i)
cc(a), cc(o), cc(u), cch(e), cch(i)
Canóse Canosa
La Ròcche Rocca
[c]
[c:]
chj
cchj
Chjéte Chieti
Crécchje Crecchio
[ɣ] g Villagranne (c.da) Villagrande
[m]
[m:]
m
mm
Marie Maria
Bbómme Bomba
[n]
[n:]
n
nn
Necóle Nicola
La Pénne Penna(piedimonte)
[ɲ:] gn Ursógne Orsogna
[ʧ], [ʧ:] c(i), c(e), ci(a), ci(o), ci(u)
cc(i), cc(e), cci(a), cci(o), cci(u)
Civetarése (c.da) Civitarese
Lu Ricce (c.da) Riccio
[ʤ:] gg(i), gg(e), ggi(a), ggi(o), ggi(u) Luigge Luigi, Ggiuanne Giovanni
[ʦ]
[ʦ:]
z
zz
càveze pantaloni
Mozzagrógne Mozzagrogna
[ʣ]
[ʣ:]
z
zz
nzevóse unto
Còlledemèzze Colledimezzo
[f]
[f:]
f
ff
Lu Fóre (f.) Foro
Raffaèlle Raffaella, -o
[v]
[v:]
v
vv
Sande Vite San Vito
avvise avviso
[s]
[s:]
s
ss
Li Saracine (c.da) Saraceni
La Tésse Atessa
[z] s(m), s(b), s(g) smòshte smosso, sbajète sbagliato
[ʃ]
[ʃ:]
sh
sci, sce, sci(a), sci(o), sci(u)
Mushène Mosciano, shtrène strano
Sciarrétte Sciarretta (cogn.)
[ʒ] sh(d) shdrèuse bizzarro
[l]
[l:]
l
ll
Lucie Lucia
Villamagne Villamagna
[ʎ:] gli, gli(e), gli(a), gli(o), gli(u) Etaglie Italia
[r]
[r:]
r
rr
La Ripe 'Ripa'
La Tórre Torre

Ricordiamo che nell'AFI l'accento (') precede una sillaba tonica, i due punti (:) denotano raddoppiamento della consonante precedente.

Vocali

Rispetto alle sette vocali dell'italiano, l'abruzzese ne ha almeno una in più, cioè la vocale centrale media [ə] che è sempre atona e tradizionalmente viene scritta e. Altre grafie che si trovano usate in contesti differenti sono (per distinguerla da [e] atona nei dialetti in cui questa possibilità esiste), oppure in testi dialettologici. Notare che la e è una vocale a tutti gli effetti e fa sillaba. Negli esempi della tabella: Mec-ché-le, Pà-ve-le.

Le vocali anteriori chiusa [e] e aperta [ɛ] sono sempre scritte con l'accento grafico, rispettivamente é e è. Analogamente, le vocali posteriori chiusa [o] e aperta [ɔ] sono scritte ó e ò. In questi casi l'accento grafico sostanzialmente coincide con quello tonico, visto che questi suoni si trovano solo in posizione tonica.

Le altre vocali a, i, u possono invece essere sia toniche che atone. Si scrivono con l'accento tonico solo quando sono, ovviamente, toniche e non si trovano nella penultima sillaba:

  • màchene automobile, menarrà verrà, ma
  • pjazze pure se la a è tonica (penultima sillaba).
Nei monosillabi con accento mobile, l'accento si scrive solo quando la vocale è effettivamente tonica:
  • nen vé cchjù non viene più, ma
  • vé cchju llèshte viene più veloce.

L'ottava vocale dell'ortonese è la [æ], che risulta da una [a] etimologica tonica in sillaba libera (una sillaba si dice libera se è seguita da una sola consonante, altrimenti si dice complicata). Di fatto, tende sempre di più a divenire una [ɛ] nella parlata, per cui si scrive, tradizionalmente, è. Nella koiné avremo al suo posto una normale a tonica. Esempi :

  • ort. chèse, chène casa, cane,
  • koi. case, cane.

Semivocali

I suoni semivocalici presenti anche nell'italiano sono [j] e [w], che scriviamo j e u, rispettivamente. Per quest'ultimo non usiamo la grafia *w perché estranea alla tradizione letteraria. Queste semivocali sono sempre seguite da una vocale. Da notare che nei casi di iato, non viene usata la semivocale ma la vocale corrispondente. Esempi:
  • scióne [ʃi'onə] tromba d'aria marina, ma
  • fjóre ['fjorə] fiore.
Nel primo caso abbiamo tre sillabe: sci-ó-ne, nel secondo caso solo due: fjó-re.

C'è da dire che le consonanti [r] e [n] (forse anche [m]) possono assumere valore semivocalico quando sono seguite da una consonante ma non sono precedute da una vocale. Esempi:
  • rsaje risalire,
  • n'gire in giro.

Consonanti

La maggior parte delle consonanti può essere semplice (scempia) o raddoppiata (geminata). In quest'ultimo caso, la scrittura prevede il raddoppiamento della lattera corrispondente. Poche consonanti sono sempre geminate: [ɲ:] e [ʎ:] che si scrivono gn e gli come in italiano, [ʤ:] che si scrive gg. Da notare che il suono [ʎ:] si trova solo in parole recentemente prese in prestito dall'italiano.

Altre consonanti si presentano solo in forma semplice: [g], solamente come secondo elemento dei nessi ng e sg, [ɣ], un suono a metà tra [g] e [h] che non esiste in italiano, [ʒ], che si trova solo in poche parole che cominciano col nesso shd, e [z], che si trova solo davanti alle consonanti sonore m, g e b (ma non davanti a d).

Tutti gli altri suoni consonantici possono essere sia semplici che raddoppiati e possono apparire in inizio di parola, dove possono essere soggetti a raddoppiamento causato dalla parola precedente (vedremo tra un attimo questo fenomeno detto raddoppiamento fonosintattico). Da notare, però, che b è semplice solo nel nesso mb, altrimenti appare sempre raddoppiato, che sia in inizio di parola o meno. Similmente, [ʣ] è semplice solo nel nesso nz e lo scriviamo z come in italiano consci del fatto che questo grafema rappresenta anche il suono [ʦ].

L'unico suono che si scrive diversamente se semplice o raddoppiato è [ʃ], e questo per motivi storici. Nella grafia tradizionale, il suono raddoppiato si scrive sci come in italiano. Il suono semplice, che non esiste in italiano, lo scriviamo invece sh, come fa una parte della lettartura dialettale, mentre altri autori impiegano il grafema .

Particolarità

In generale, una stessa parola si scrive sempre nella stessa maniera, tranne in alcuni casi. Ci sono alcune paroline, per lo più congiunzioni e preposizioni, che richiedono obbligatoriamente il raddoppiamento della consonante successiva. Se la parola che segue comincia con una consonante semplice, questa raddoppia, ed il raddoppiamento lo scriviamo. Una di queste paroline che innesca questo raddoppiamento fonosintattico (da ora in poi lo chiameremo semplicemente RF) è semplicissima: la congiunzione é e. Scriveremo quindi:
  • Tumasse [tu'mas:ə] (parola isolata), ma
  • Ròcche é Ttumasse ['rɔk: e t:u'mas:ə], con una doppia tt iniziale.
Un altra parolina che crea RF è la preposizione a a, per cui:
  • Crécchje ['krec:ə] (parola isolata), ma
  • a Ccrécchje [a 'k:rec:ə].

Un altro caso di parola che si scrive diversamente a seconda del contesto è quello dei nomi originariamente femminili seguiti da un'altra parola, solitamente un aggettivo. In questo caso la -e finale del nome si pronuncia e scrive -a, Abbiamo:
  • fémmene donna ['fem:ənə] (parola isolata), ma
  • fémmena bbèlle ['fem:əna 'b:ɛl:ə] bella donna.

Viceversa, ci sono casi in nei quali l'effettiva pronuncia in determinati contesti non viene trascritta per privilegiare una scrittura regolare il più possibile. Per influsso di una vocale alta seguente, il suono [ə] può trasformarsi in [i], anche se noi continueremo a scrivere e. Esempi:
  • le róse [lə 'rosə] le rose, ma le spine [li 'spinə] le spine,
  • urtenése [urtə'nesə] ortonese, ma urtenise [urti'nisə] ortonesi.
Si tratta di armonia vocalica.

Quando la parola precedente termina con [n] e la parola seguente comincia con una delle consonanti sorde [p], [t] o [k], la sorda muta nella corispondente sonora: rispettivamente [b], [d] o [g]. Nel primo caso, anche la [n] precedente muta in [m]. Continueremo però a scrivere n, p, t e c. Esempi:
  • pòzze ['pɔʦ:ə] (io) posso, nen non, nen pòzze [nəm 'bɔʦ:ə] non posso
  • tjènghe ['tjɛŋgə] (io) ho, nen tjènghe [nən 'djɛŋgə] non ho,
  • créde ['kredə] (io) credo, nen créde [nən 'gredə].
Si tratta di un caso particolare della regola generale che prevede l'esistenza dei soli nessi (di nasale + occlusiva) [nd], [mb] e [ng], ma non *[nt], *[np], *[nk]. La sonorizzazione causata dalla [n] colpisce anche la [s], che muta in [ʣ] pur continuandosi a scrivere s all'inizio di parola:
  • saccòcce [sa'k:ɔʧ:ə] tasca e
  • n'saccòcce [nʣa'k:ɔʧ:ə] in tasca.

In certi casi, quando il suono [ə] è seguito da una vocale (di solito appartenente ad una parola successiva), si inserisce fra i due un suono [ɣ], [j] o anche [r] eufonico, che facilita la pronuncia complessiva. Questi suoni eufonici non li scriviamo. Ad esempio:
  • pe per si pronuncia [pə],
  • ì andare si pronuncia ['i],
  • ma pe ì si pronuncia più o meno [pi 'ji].
Altri esempi:
  • de Anne [də 'ɣan:ə] di Anna,
  • pe èsse [pə 'rɛs:ə] per essere.

Un caso possibile di divergenza tra pronuncia e grafia è dato dai nessi [ʃt] che scegliamo di scrivere sht, e non *sct, *st, *št come pure hanno fatto vari autori, scientifici o meno. Pure il raro nesso iniziale [ʃc], che troviamo in qualche parola di origine germanica o onomatopeica, lo scriviamo shchj (esempi: shchjaffatóne, shchjattète, shchjine).

Vedremo in seguito l'uso di altri segni grafici, come l'apostrofo.


3. L'órze è n'anemèle (Sostantivi, articoli, è, aggettivi qualificativi)