Grammatica abruzzese

5. Le róse è bbèlle (Plurali)


6. La gatte shtè sópre a lu tàvele
(Stare, stato in luogo)

Incontriamo in questa pagina un primo verbo, oltre quello essere di cui già conosciamo il presente indicativo.

Verbo stare

Si tratta di un verbo dal significato simile, cioè stare. Le forme del presente indicativo sono queste:
  • ji shtjènghe io sto,
  • tu shtjè tu stai,
  • nu shtéme noi stiamo,
  • vu shtéte voi state,
  • X shtè X sta, stanno,
dove X sta per qualsiasi nome o pronome di terza persona, singolare o plurale. Ovviamente tutte queste forme si pronunciano con [ʃt] iniziale, secondo le convenzioni ortografiche usate in queste pagine. La coniugazione appena esposta sembra complicata e difficile da analizzare: in effetti, si tratta di un verbo "irregolare", di quelli che studieremo molto più avanti. Per fortuna la coniugazione dei verbi "regolari" è molto più logica e semplice!

Con questo verbo possiamo esprimere vari tipi di frase. Ad esempio semplici dichiarazioni sullo stato di una persona. Esempi:
  • shtjènghe bbóne sto bene,
  • shtjènghe mèle sto male
ma anche, laddove in italiano abbiamo il verbo essere,
  • shtjènghe shtracche sono stanco.

Stato in luogo

Inoltre possiamo usare questo verbo per esprimere uno stato in luogo, rispondendo alla domanda espressa tramite l'avverbio interrogativo andó dove:
  • andó shtjènghe/shtjè/... ? dove sono/sei/... ?

Aggiungendo la preposizione a (+ RF) a possiamo rispondere, ad esempio, con un nome proprio di località:

  • ji shtjènghe a Urtóne io sto a Ortona,
  • tu shtjè a Ffrangaville tu stai a Francavilla,
  • Tumasse shtè 'Ccalljère T. sta a Caldari.
Una particolarità della preposizione a, oltre il fatto di richiedere il RF alla parola seguente, è che scompare nella pronuncia se preceduta a sua volta da vocale tonica. In questo caso scriviamo un apostrofo al posto della a scomparsa. Se invece è preceduta da e [ə], non prende mai il suono eufonico, ed è la [ə] a scomparire del tutto. Le tre frasi appena viste si pronunciano dunque [ji 'ʃtjɛŋg a ur'tónə], [tu 'ʃtjɛ f:raŋga'vil:ə], [tu'mas:ə 'ʃtɛ k:a'l:jɛrə].

Il luogo può anche essere indicato da un nome comune, ad esempio:

  • ji shtjènghe a lu paése [ji 'ʃtjɛŋg a lu pa'esə] io sto al paese,
  • tu shtjè 'lla chèse [tu 'ʃtjɛ l:a 'kæsə] tu stai a casa,
  • Ròcche shtè 'llu cummune ['rɔk:ə 'ʃtɛ l:u ku'm:unə] Rocco sta al comune.
Dunque, contrariamente a tutte le altre parole che provocano RF tranne che sugli articoli, le forme verbali shtjè e shtè + a fanno raddoppiare la consonante dell'articolo. Questo è uno dei due casi (oltre che davanti a vocale) in cui gli articoli subiscono RF. Da notare anche l'espressione a la chèse che corrisponde all'italiano a casa e richiede l'articolo.

Avverbi di luogo

Alla domanda andó shtjènghe/shtjè/...? possiamo anche rispondere con un avverbio di luogo. Gli avverbi più comuni sono:

  • a ècche qui, qua,
  • a èlle lì, là,
  • a èsse costì.
Da notare la tripartizione di queste forme, come nell'italiano letterario, che ritroveremo anche nei dimostrativi. Ècche indica vicino a me e a te, èlle lontano sia da me che da te, mentre èsse vicino a te, lontano da me. Altri avverbi di luogo sono:
  • annènze davanti,
  • arréte dietro,
  • vicine vicino,
  • lundène lontano,
  • sópre sopra,
  • sótte sotto,
  • ammónde su, sopra,
  • abballe giù, sotto,
  • déndre dentro,
  • fóre, addafóre fuori,
  • mmèzze in mezzo,
  • adàte al piano di sopra (arcaico).
Come si vede, molti di questi avverbi sono in realtà formati dalla preposizione a unita ad un altro avverbio, sostantivo, ecc. Questa a- prefissale funziona esattamente come la a preposizione isolata, dunque provoca la caduta di e precedente, oppure cade dopo vocale tonica. In quest'ultimo caso, denoteremo l'elisione usando un apostrofo. Qualche esempio:
  • shtjènghe arréte ['ʃtjɛŋg ar'retə] sto dietro,
  • shtjè 'rréte [ʃtjɛ 'r:etə] tu stai dietro,
  • shtè lundène sta lontano,
  • stè 'bballe [ʃtɛ 'b:al:ə] sta giù.

Preposizioni locative

Molti degli avverbi di luogo visti, seguiti dalla preposizione a, formano delle preposizioni (improprie) di luogo. Ad esempio:

    sópre a su, sopra,
  • sótte a sotto,
  • déndre a in, dentro,
  • mmèzze a in mezzo a,
  • arréte a dietro,
  • annènde a davanti a,
  • apprèsse a dopo,
  • vicine a vicino a.
Qualche esempio di frasi con queste preposizioni improprie:
  • Andó shtè la gatte? La gatte shtè sópre a la tàvele Dov'è il gatto? Il gatto è sopra il tavolo,
  • lu chène shtè sótte a la sjègge il cane sta sotto la sedia,
  • la surprése shtè déndre a ll'óve la sorpresa sta dentro l'uovo,
  • lu còlle shtè mmèzze a li vallune il colle sta in mezzo alle valli,
  • shtjènghe arréte a lu mure ['ʃtjɛŋg ar'ret a lu 'murə] sto dietro il muro,
  • tu shtjè 'nnènze a Mmarie tu stai davanti a Maria.
Anche in questi esempi notiamo come la a provoca la caduta di e precedente, oltre a provocare il RF della sillaba seguente. Inoltre notiamo come a faccia raddoppiare l'articolo davanti a vocale (a ll'óve), come già noto.

Una categoria particolare di parole che possono servire da avverbi e preposizioni improprie (se seguite da a) è quella formata da un'antica preposizione n in, oggi scomparsa come forma isolata. Tra queste vi sono:

  • mbàcce a di fronte a,
  • ngòlle (a) addosso (a),
  • mbracce (a) in braccio (a),
  • mmócche (a) in bocca (a),
  • ngule (a) in culo (a).
Esempio:
  • la fenèshtre shtè mbacce a l'armadje la finestra sta di fronte all'armadio.
Etimologicamente:
  • mbacce = n+facce faccia,
  • ngòlle = n+còlle collo,
  • mmócche = n+vócche bocca,
  • ngule = n+cule culo.

Avverbio ce

Un avverbio di luogo speciale è

  • ce ci, in quel luogo,
perché precede sempre il verbo stare come particella proclitica. Con questo avverbio possiamo riformulare alcune delle frasi precedenti come:
  • sópre a la tàvele ce shtè na gatte sopra il tavolo c'è un gatto,
  • sótte a la sjègge ce shtè nu chène sotto la sedia c'è un cane,
  • déndre a ll'óve ce shtè la surprése dentro l'uovo c'è la sorpresa, ecc.
Ritroveremo questa particella avverbiale anche in seguito, con altri significati.

Vocabolario

Sostantivi
lu paése paese
lu cummune municipio
lu tàvele tavolo
la sjègge sedia
l'óve uovo (SL 67)
lu vallóne valle, vallone
l'armadje armadio
lu còlle colle, collina
la vócche bocca (SL 76)
lu vracce braccio
la facce faccia
lu còlle collo (SL 87)
la surprése sorpresa
la fenèshtre finestra

Aggettivi
shtracche stanco

Indeclinabili
mèle male
ce ci
andó dove (SL 13)
a a (SL 201)
v. preposizioni locative sopra

Per andare oltre

Abbiamo già visto diversi esempi di paroline che provocano raddoppiamento fonosintattico (RF) alla parola seguente. Ma come mai ciò accade, e perché il RF è innescato proprio da quelle paroline? La ragione va cercata nella storia delle parole, nell'etimologia. Un esempio ci viene dalla preposizione a che abbiamo appena incontrato. Questa preposizione innesca il RF perché la sua antenata latina, AD, terminava con una consonante. Nel passaggio dal latino volgare al dialetto, la D cadde, ma senza scomparire del tutto. In effetti, rimase lì sospesa da qualche parte, pronta a fondersi con la consonante della parola seguente assimilandosi ad essa e, dunque, raddoppiandola. Il sintagma a Ffrangaville va dunque letto in chiave storica come *ad Frangaville > *a (d)Frangaville > a Ffrangaville. Nel caso degli articoli, non si ha RF (tranne nell'eccezione discussa in questo capitolo) perché sono il risultato di aggettivi che in latino iniziavano per vocale. Quindi a lu paése va letto come *ad illu paése > a (d)(il)lu paése > a lu paése.

Esempi

Su questo sito è possibile acquistare dei gadget con scritte in abruzzese, come questa borsa "Sting stang" (shtinghe shtanghe). Questa frase, che significa nella koiné sono stanco, letteralmente sto stanco, è divenuta a causa dell'evidente allitterazione una specie di marchio identitario dell'abruzzesità. In ortonese suona shtjènghe shtanghe. Notare come nella koiné il dittongo sia diventato un monottongo: shtjè(nghe) > shti(nghe).

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7. Shtjè sjèmbre a mmagnè (Infinito, presente progressivo)