Lama dei Peligni

Appunti sul paese

Lama dei Peligni è uno dei centri della montagna chietina e confina con Fara San Martino, Civitella Messer Raimondo, Taranta Peligna e Pacentro.

Di origini ignote, non è menzionato prima del XII sec. (Catalogus Baronum) già incastellato sul colle poco più a est dell'attuale. Presenta due parrocchie originarie, S. Clemente e S. Pietro, ma nel XIV sec. resta ormai solo quest'ultima. L'attuale centro storico sorge come Borgo in seguito alla frana del 1545 che distrusse parte del centro storico e la parrocchiale. Fu feudo di Caldora (-1467), de Capua (1467-1667) e d'Aquino (1667-1806).

Il patrimonio religioso di Lama comprende la parrocchiale di Gesù Bambino, già intitolata a S. Nicola (1568-1804) e poi, dopo la completa diruzione della vecchia chiesa di S. Clemente nel centro storico, ai SS. Nicola e Clemente, il convento di S. Antonio poco fuori il paese, nonché alcune altre chiese nel paese e nella frazione Corpi Santi.

Appunti sul territorio

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Il territorio montano di Lama dei Peligni si estende sugli acclivi crinali che scendono tra le valli di Fara a N e di Taranta a S. Si va dunque dalle q. 700-800 ca. fino quasi a mónd'amàrë (2793 m), il punto più alto dell'intero massiccio.

Verso Nord, il confine amministrativo segue il crinale spartiacque che si eleva dal trifinio con Fara e Civitella sopra il la cìmë dë tarinë (1467 m) fino a Monte Amaro. Questa cresta non presenta veri e propri rilievi, se non debolmente accennati, come la cìmë dë l'aitàrë (2542 m). Il confine meridionale corre pure nei pressi dello spartiacque con la valle di Taranta, lasciando a quest'ultimo centro una porzione appena sopra la statale. Anche questo crinale è di pendenza costante senza particolari rilievi, tranne i poco accennati punti geodesici della cosiddetta Punta Tarì (1619 m) e della Cima di Colle d'Acquaviva (2200 m). Come limite di valle, si è presa proprio la statale N° 84 Frentana dai confini al cimitero, e poi a N di questo una via pedemontana che conduce a Fara.

Rispetto ai territori vicini, mancano imponenti valloni ma la montagna lamese è comunque solcata da diversi fossi: da NE a SO quello di pàrë tajàtë, l'àcquë dë lë furnë, lu fuòssë dë cërasciuòlë, la mal faràgnë (questi ultimi tre sfociano insieme alla collina), la vàllë chèrpënë, il fosso dei fundënìlë con la diramazione della valléttë dë lë cuòppë, il fuòssë bbarónë ed infine il fuòssë fëlùccë.

Questa porzione del massiccio vede la presenza di numerose grotte, da quelle alle quote più basse usate anche dai paesani durante l'ultima guerra, fino a grótta canósë sull'altopiano sommitale. La grótta capràrë è caratterizzata dalla straordinaria presenza di pitture rupestri preistoriche. Inoltre si trovano nella montagna lamese alcune sorgenti, utilissime in un ambiente per lo più esposto verso S: a basse quote fóndë dë la pianéttë e la fontana nella Pineta Tabassi, a medie quote fóndë martinë e la spógnë, più in alto fóndë tarìë (540 m), presso la quale si trova un accogliente Rifugio. Un altro punto di appoggio per escursioni è stato attrezzato di recente allo Iaccio di Lione. Ma l'emergenza storico-architettonica maggiore di questo territorio è sicuramente l'eremo di sand'àngëlë (q. 1300 ca.), fondato in epoca medievale forse, come vuole la tradizione, dal celestino Beato Roberto da Salle.

La montagna di Lama è percorsa da vari sentieri escursionistici, alcuni dei quali integrati nella rete sentieristica del Parco Nazionale della Maiella (PNM). Questi sono: il sentiero dalla Grotta del Cavallone a Colle Incotto (H3), quello da Lama a Guado di Coccia (H4), quello da Piano del Lago a Grotta Canosa (H5) e quello da Lama all'eremo di Sant'Angelo (H10).

Alcuni dei toponimi di seguito presentati hanno un'attestazione nelle carte storiche. La carta di Rizzi-Zannoni del 1783 riporta M. Amaro (mónd'amàrë) e Monte Ciriciolo (cërasciuòlë). Nella Carta d'Italia del 1876 è possibile leggere R.e Iaccione (jacciónë) e Acquaviva (pjànë dë l'acqua vivë). Inoltre, disponiamo di due relazioni ottocentesche nelle quali sono menzionati dei microtoponimi lamesi: quella del botanico Michele Tenore (Relazione del viaggio fatto in alcuni luoghi di Abruzzo Citeriore) del 1832 e quella di De Nino (Antichità nel tenimento del comune, in: Notizie degli scavi di antichità) del 1899.

La toponomastica

La montagna di Tarino

1. Il sentiero principale che risale la montagna di Lama è quello che dal paese conduce verso il rifugio di Fonte Tarì e poi la sommità della Maiella. L'imbocco è dal piazzale alla fine di via del Convento, sopra il quale si trova lu pìzzë dë panundë, un caratteristico macigno. Il toponimo riflette il termine pizzo, con la specificazione da un personale locale, un soprannome.

2. Il primo tratto del sentiero passa dentro una pineta di rimboschimento. Qui, a q. 788 si dirama una stradella secondaria, lungo la quale, quasi alla fine della pineta, si trova la fóndë dë la pianéttë. Il nome di questa sorgente riflette la voce locale piana che indica un 'pendio sgombro dalla vegetazione'.

3. Appena si esce dalla pineta sopra il parcheggio del Convento, si trova, in una zona di brecce allo sbocco di un valloncello, la calëcàrë. Evidentemente qui i paesani si rifornivano di pietre, usate per fare la calce.

4. Sopra la Calcara, al di fuori della pineta, il sentiero compie un tornante che viene chiamata la vultàtë dë lë chënèrë. Il toponimo riflette la voce volta, con la specificazione da canala, poiché qui il sentiero taglia un valloncello.

5. Quando finiscono i tornanti lungo il sentiero per Fonte Tarì, si costeggia la base di una serie di pareti rocciose, dette parìtë tùnnë, dalla voce locale pareto con l'aggettivo tondo, per via della forma.

6. Il sentiero per Fonte Tarì, dopo le prime pareti, trova in forte salita la località lë vrëcciuòlë, dove in passato era stata collocata una monorotaia. Il toponimo richiama le brecce presenti nella località.

7. Ad un certo punto, prima di scendere nel Fosso Barone, il sentiero passa tra due torrioni rocciosi, detti parìtë mmjèzzë. Ritroviamo in questo toponimo l'appellativo locale pareto, con la specificazione che allude al fatto che il sentiero passa in mezzo alle rocce. Appena sotto, ben visibili dal sentiero, si trovano lë gruttëlìcchjë, delle grotte forse un tempo usate dai pastori.

8. Il primo dei due valloni attraversati dal sentiero per Fonte Tarì è il fuòssë bbarónë, il quale scende in direzione della cantoniera nei pressi del km 29 della statale. Il toponimo riflette la voce fosso, con determinante un personale locale, un soprannome 'Barone'.

9. Più a monte del sentiero, alla sinistra orografica del Fosso Barone, si trovano lë zumbatùrë, una serie di balzi rocciosi, il cui nome riflette l'appellativo zompo 'salto (di roccia)'. Da quel lato del fosso si trova anche la grótta a ttàrë, ben visibile dal sentiero per Fonte Tarì e raggiungibile tramite una ripida traccia che si dirama da questo. Nel nome di questa grotta ritroviamo un eco del nome Tarino che caratterizza tutta la montagna ed in particolare la fonte. Questa grotta è ormai chiamata Grotta Tarì da diverse fonti moderne.

10. Tra il Fosso Barone e il Fosso Filuccio, il sentiero per Fonte Tarì attraversa una piana (nel significato locale, un pendio libero dal bosco) erbosa, detta lu falciàrë, un fitonimo derivato dal nome locale della felce.

11. A monte del Felciaro, il sentiero per Fonte Tarì compie una curva detta la vultàtë dë la mërègnë, in corrispondenza della quale termina il tratto più scomodo. Il toponimo riflette la voce volta 'curva', con la specificazione dalla voce locale per voragna 'pendio esposto a nord, in ombra'.

12. Il secondo vallone attraversato dal sentiero per Fonte Tarì è chiamato fuòssë fëlùccë. Questo scorre parallelamente a Fosso Barone e scende sulla statale in corrispondenza di una pista che si inoltra nel bosco, chiusa da una catena. Il nome è dall'appellativo fosso, con specificazione un alterato di filo, con allusione al 'filo (d'acqua') che talvolta vi cola.

13. Superato il Fosso Filuccio, il sentiero per Fonte Tarì compie diversi tornanti su pratoni erbosi. Da queste parti si trova la grótta scurë, una grotta che prende il nome dall'aggettivo scuro, con allusione forse al fatto di essere esposta a nord.

14. Un'altra grotta lungo il sentiero prima di giungere a Fonte Tarì è la rënzàcchë. Questa ha un ingresso largo e riflette nel nome l'appellativo rinsacca che qui indica una 'rientranza' nella parete rocciosa.

15. Dopo circa 800 m di dislivello, il sentiero giunge alla fóndë tarìë, un'importante sorgente situata a q. 1540 sul largo crinale che da essa prende il nome. Nei pressi vi sorge un rifugio che è diventato un'importante meta escursionistica. Il nome della fonte riprende quello antichissimo della montagna, e cioè Tarinus, attestato in epoca medievale. Per una disamina di questo toponimo e della sua relazione con quello di Majella, si veda qui. Il crinale dove si trova la fonte, risalito con diversi tornanti dal sentiero, è detto la pjànë dë fóndë tarì, da piana che localmente indica un pendio erboso.

16. Dal rifugio, un'ulteriore breve salita conduce a q. 1650 ca. al vatùccë, un passaggio tra le rocce che permette di scendere nella valle di Taranta. Si tratta di un diminutivo dell'appellativo vado 'passaggio'.

17. Il tratto di crinale tra il Vaduccio e la fonte, diretta prosecuzione della Piana di Fonte Tarì, è chiamato pjànë vàllë da pjèdë, mentre più in alto prende il nome pjànë vàllë da càpë. Il nome è un composto di piana e di valle, con allusione alla Valle di Taranta di cui fa da spartiacque. I nomi delle due porzioni bassa e alta sono specificati rispettivamente come da piedi e da capo. Mentre sulle carte IGM il crinale ha un punto geodesico senza nome (q. 1619), il luogo è talvolta chiamato Punta Tarì.

18. Rivolgendo ora lo sguardo ai pendii ad O di Fonte Tarì verso la valle di Taranta, troviamo non lontano dalla fonte lu vàlzë dë lë vuòvë, dei balzi rocciosi che si affacciano sulla valle. Il nome riflette l'appellativo balzo, con una specificazione da vove, che ritroviamo nel nome di una grotta a Taranta.

19. Pure lungo la Piana di Fonte Tarì, visibile percorrendo il sentiero, è cavùtë una grotta la cui denomnazione è un alterato di cava con significato locale di 'buco'.

20. Più sotto della fonte, a confine con Taranta ma in posizione non meglio identificata, si trova anche l'(u)òrtë dë li prjètë, forse una fascia un tempo coltivata, o oggetto di piantumazione. Il toponimo riflette infatti l'appellativo orto, con la specificazione prete che allude forse ad una proprietà ecclesiastica.

21. Più in basso a confine con Taranta, su una fascia rocciosa a q. 1000 ca., si trova la gróttë taccùnë, già menzionata in una relazione di De Nino alla fine dell'Ottocento. Il nome della grotta sembra un alterato di tacca o forse è un soprannome locale.

22. Vicino a Grotta Taccone, ma in posizione non meglio identificata, si trovano altre due grotte: la gróttë picciónë, il cui nome richiama la presenza di piccioni selvatici, e la gróttë mórëchë, così chiamata con un derivato di da mòrice per via di un qualche macigno che caratterizza il luogo.

La montagna di Monte Amaro

23. Continuando a salire dal Vaduccio, si attraversa dapprima la parte alta del Fosso Filuccio e poi si incontra, a q. 1852, lu casòttë, una vecchia costruzione costruzione pastorale. Più a valle a q. 1772 c'è un'altra costruzione diruta. Il nome è un alterato di casa.

24. Poco oltre il Casotto è il fosso dei fundënìlë, che scende dallo scrimone di Iaccione in direzione di Lama. Il toponimo riflette la voce fontanile, anche attualmente se non sono note sorgenti in questo tratto. Il crinale (significato locale del termine piana) che sovrasta la parte alta di questo fosso è chiamato lë pjànë dë lë fundënìlë.

25. Il sentiero per Monte Amaro lambisce unicamente il Fosso dei Fontanili, per proseguire lungo il crinale alla sua destra orografica che fa da spartiacque con la valle di Taranta. Si tratta delle pjànë dë l'acqua vivë, un lungo pendio (accezione locale di piana) che prende il nome da una qualche sorgente chiamata acquavivë, di cui si è persa memoria. Quest'ultimo toponimo è formato con acqua e l'aggettivo vivo. Le carte IGM segnano Colle d'Acquaviva e il punto geodesico a q. 2200 è talvolta chiamato Cima di Colle d'Acquaviva.

26. Oltre la Piana dell'Acquaviva si estende l'altopiano sommitale della Maiella, una cui porzione ricade nei confini comunali. Tutta questa zona è detta lë pjènë dë móndë amàrë, con il consueto appellativo piana, qui specificato dal toponimo móndë amàrë che indica la cima più alta (q. 2793), per cui si veda al capitolo su Fara (§ 31). Le carte IGM riportano erroneamente il coronimo Piano Amaro.

27. Un punto di rilievo sull'altopiano sommitale, è la grótta canósë, un ricovero pastorale che si trova a q. 2604. Il nome è segnato sulle carte IGM come Grotta Canosa e ritorna in Sella di Grotta Canosa, un passaggio che permette di scendere nell'alta valle di Fara. Deriva dall'appellativo grotta con la specificazione Canosa che forse è un personale (cognome del frequentatore).

La Montagna dello Iaccione e Colle Incotto

28. Appena ad O del piazzale del Calvario, sbocca la vàllë chèrpënë, un fosso che scende da Fonte Martino e solca la montagna tra la valle dei Fontanili e la Val Faragna. Il nome del fosso, detto valle con accezione locale, rifletto il fitonimo carpino, per via della presenza in loco di questa specie arborea.

29. Quasi alla testata di Valle Carpini si trova la fóndë martinë (q. 1720), proprio sul crinale in direzione di Lama. E' raggiungibile da una traccia che parte dal Casotto basso e taglia la montagna a mezza costa. Le carte IGM riportano il nome della fonte come F.te S. Martino, ma non è chiaro se la specificazione rifletta davvero un agionimo o sia piuttosto un semplice personale Martino.

30. Alla sinistra orografica di Valle Carpini e poco distanti da Fonte Martino, ben visibili da Lama svettano i cocuzzoli rocciosi detti rapënjèllë (q. 1700 ca.). Questo nome è un diminutivo di rapina, voce locale che designa un terreno aspro e incolto.

31. Sullo scrimone di Fonte Martino, verso il basso, c'è la località di ciardìnë carùsë. Il toponimo riflette la voce giardino, con l'aggettivo caroso 'spoglio, pelato'.

32. Lo scrimone di Fonte Martino termina in basso verso la pineta con la gravàrë grànnë, una serie di impervi valloncelli brecciosi, da cui il nome, che riflette un derivato dell'appellativo grava specificato dall'aggettivo grande.

33. A monte del sentiero dal Casotto basso a Fonte Martino, un altro, più in quota, taglia la montagna a mezza costa diretto a Colle Incotto. Dopo il Casotto alto, si attraversa il Fosso dei Fontanili e si perviene a jacciónë, toponimo che indica la q. 1870 ca., compresa tra i due fossi, e quindi tutto lo scrimone sovrastante. Le carte IGM segnano Iaccione più in alto, sulla cresta che fa da spartiacque con Fara. Si tratta di un riflesso della voce iaccio 'stazzo'.

34. Dopo Iaccione, il sentiero per Colle Incotto trova subito un altro fosso che da questo punto a valle scorre quasi parallelo a quello di Fontanili. Più a monte, questo fosso prende il nome di valléttë dë lë cuòppë e volge ad oriente per chiudere lo Iaccione da N. Il toponimo riprende, con un alterato di valle, l'altro lë cuòppë, che designa la zona, solcata da valloncelli e parzialmente alberata, che divide la località Iaccione da quella di Colle Incotto. Si tratta di un toponimo derivato dalla voce coppo 'avvallamento'. Le carte IGM riportano il toponimo, leggermente diverso dall'originale, Valle Coppetti per il fosso.

35. Sulla sinistra orografica del fosso che continua verso valle la Valletta dei Coppi si trova la grótta cëmënérë, la quale è pure segnata sulle carte IGM (q. 1537), ma senza nome. Questo riflette la voce grotta con una specificazione da ciminiera, usato come traslato geomorfico forse perché si trova sotto un torrione roccioso. La grotta è menzionata nella relazione di De Nino del 1899.

36. Dopo la Valletta dei Coppi, il sentiero per Colle Incotto transita dal macërënónë un'area piuttosto vasta a q. 1800-2000 ca. Il toponimo è un alterato di macera, essendo la zona sassosa in contrasto coi prati vicini. Sulle carte IGM, il nome Macerone è collocato in posizione errata sopra Cerasciolo.

37. Tra il Macerinone e la Fonte Martino si trova anche la zona brecciosa delle ciammaicàrë. Il nome è un derivato di ciammaica 'lumaca', nel senso di 'zona in cui si trovano le lumache'. Da queste parti si trova anche una grotta, la gróttë dë ciammaicarë.

38. Tutto lo scrimone sopra Fonte Martino, parzialmente boscato, dove giunge il sentiero proveniente dallo Iaccione, è chiamato còllë nguòttë. Il toponimo, riportato sulle carte IGM come Colle Incotto riflette l'appellativo colle, con una specificazione che è la forma aggettivale di incotta, nel senso di 'luogo esposto a sole, a Sud'.

La Montagna di S. Angelo e del Cerasciolo

39. Dal parcheggio di via del Convento, una strada asfaltata sale in direzione N all'area faunistica del camoscio. Proprio sopra il Convento (q. 741) la strada diventa un sentiero diretto all'eremo di S. Angelo, e risale lë mezzónë, una fascia scoscesa e poco alberata. Il nome è un alterato di mozzo, e allude probabilmente al taglio di alberi.

40. Dopo un paio di tornanti, il sentiero per S. Angelo attraversa (q. 1050 ca.) la mal faràgnë, un fosso che scorre parallelo e poco più a S di quello di S. Angelo. Un passaggio attrezzato permette l'uscita del sentiero sulla sinistra orografica della valle. Il toponimo riprende la versione locale della voce valle, con una specificazione che sembra un derivato di fara, forse con allusione al fatto che si trova in direzione di Fara S. Martino o a un altro locale da collocare più a valle. C'è da aggiungere che nella relazione di Tenore del 1832, lo sbocco di Val Faragna (e di altri due fossi) è chiamato Bocca della valle di Lama.

41. Attraversata la Val Faragna, il sentiero per S. Angelo traversa fino ad un terrazzo naturale, per poi scendere con un secondo passaggio attrezzato nella parte bassa del vallone dove più in alto si trova l'eremo. Quindi si risale fino ad arrivare ad una sorgente chiamata la spógnë. Il nome è un chiaro riflesso della voce spogna, usata come traslato geomorfico per designare terreni permeabili e specialmente in prossimità di sorgenti. E' citato nella relazione di Tenore del 1832 come acqua della spugna.

42. Dalla Spogna, risalendo ancora e passando sotto un caratteristico torrione roccioso, si arriva all'eremo di sand'àngëlë, che si trova a q. 1300 ca. sulla sinistra orografica della valle in posizione tale da essere visibile da Lama e dalla statale. L'eremo ha il titolo di S. Angelo, il cui culto è da sempre legato alle grotte e alle sorgenti. Dal nome dell'eremo, anche la valle viene chiamata ormai vàllë dë sand'àngëlë, e come tale, Valle S. Angelo, è riportata sulle carte IGM.

43. La montagna che si estende sopra la valle di S. Angelo è chiamata globalmente cerasciuòlë. Questo nome si riferisce più propriamente alla parte ancora boscata, mentre più a monte la zona pascolativa è detta la pjènë dë cërasciuòlë. La stessa valle di S. Angelo è anche detta lu fuòssë dë cërasciuòlë. Quanto al toponimo primario, si tratta di un fitonimo, che deriva dalla voce ceraso 'ciliegio selvatico', per la presenza di questa specie arborea. Non è riportato sulle carte IGM ma è menzionato da Tenore 1832 come Cirasolo.

44. La zona boscata oltre il vallone di S. Angelo è chiamata lë chèrpënë nirë. Si tratta del fitonimo carpino, che allude alla presenza di questa specie arborea, con aggettivo nero.

La montagna del Cimerone Lungo

45. Il terzo fosso, dopo la Val Faragna e la Valle S. Angelo, che sbocca in collina alla bocca della valle (cioè tra Lama e la pineta di Corpi Santi) è l'àcquë dë lë furnë. Questo toponimo riflette la voce acqua con un determinante da forno, con allusione al fatto che il fosso è incassato ed esposto a sud. Nella relazione di Tenore del 1832 è citata la Piana del Forno, luogo di partenza e arrivo per l'escursione al monte Cerasciolo.

46. Dentro al fosso dell'Acqua dei Forni, si trova lu jaccë dë lë vàcchë, località che evidentemente ospita uno jaccio adibito al ricovero delle vacche. Il Tenore cita una Grotta delle Vacche situata lungo la discesa dal Cerasciolo, che dovrebbe corrispondere a questo stazzo. Le carte Google riportano nei pressi Lu Jaccio di Lione, un ricovero pastorale recentemente reso fruibile. In questo caso il nome rifletterà un personale (soprannome) locale "Leone".

47. Il sentiero che permette di salire sul crinale alla sinistra del fosso dell'Acqua dei Forni parte dalla Bocca della Valle e attraversa la pineta di Corpi Santi. Più in alto, si trova la còllë civéttë, rimontata da vari tornanti. Il nome deriva dall'appellativo colle con una specificazione dallo zoonimo 'civetta', che allude alla presenza della specie. E' correttamente citato nella relazione di Tenore del 1832 (Colle della Civetta)

48. Più a N del sentiero di Colle Civetta si estende una fascia rocciosa che chiude a monte la pineta di Corpi Santi. Si tratta del parìtë l'alvuccë. La voce parìtë, maschile nel dialetto di Lama, è l'equivalente locale di parete; la specificazione è il fitonimo alvuccio, che indica una qualche specie arborea dal colore chiaro. Nella relazione di Tenore il toponimo è citato come Parete della Livuccia.

49. Il Pareto dell'Alvuccio è interrotto verso N dal fosso di pàrë tajàtë, che più a valle si perde nella pineta di Corpi Santi. Il primo elemento del toponimo è di difficile interpretazione, ma sembrerebbe una variante di preta 'pietra, roccia', mentre il secondo elemento è l'aggettivo tagliato; globalmente il senso sarebbe di '(fosso che) taglia le pareti'.

50. In prossimità del fosso di Preta Tagliata, o forse proprio al suo interno, è segnalata la grótta bbjanghë, una grotta che la cui roccia deve essere particolarmente chiara, visto l'aggettivo bianco usato per descriverla.

51. Oltre il fosso di Preta Tagliata si trova una seconda fascia rocciosa, lu parìtë dë lu rèfënë, alla stessa altezza del Pareto dell'Alvuccio. Qui il termine parete è specificato da una voce locale che designa una 'bufera di neve'.

52. Procedendo ancora verso Civitella, oltre la seconda fascia rocciosa, si trova un ultimo fosso, accessibile da un sentiero che parte da Piano del Lago di Civitella. La località dove il fosso sfocia verso i colli era un tempo coltivata, ma oggi è ricoperta dalla vegetazione. Si tratta della località di còlle criciùnë. Il toponimo, riportato sulle carte IGM come Colle Quercione, riflette la voce colle, con una specificazione che sembra proprio un alterato locale del fitonimo cerqua, come pure la traduzione dell'IGM suggerisce.

53. Il crinale che fa a confine con Civitella è detto còllë chëmmùnë, da colle con l'aggettivo comune che allude proprio al fatto che è diviso tra i due comuni.

54. Dentro l'ultimo fosso subito prima di Colle Comune si trova la grótta capràrë, un riparo naturale usato un tempo dai pastori (q. 1200 ca.) e caratterizzato dalla straordinaria presenza di pitture rupestri preistoriche. Il nome riflette la voce grotta, con un aggettivo derivato capra nel senso di 'ricovero per il capraio'. Il nome è ricordato da De Nino nel 1899.

55. La Grotta Caprara è raggiungibile dall'alto, dal sentiero che da Piano del Lago risale la cresta che chiude da S la valle di Fara. Precisamente occorre scendere dalla q. 1533 ca., in località ara donne (v. Fara §94), nei pressi della quale si trova anche un'altra grotta detta grótta de l'àra dònnë. Le carte Google Maps conoscono in questa zona una Piana della Sellacchia. In effetti, si tratta di un avvallamento della cresta parzialmente libero dal bosco.

56. Risalendo la cresta che fa da spartiacque con Fara, detta Cimerone Lungo nel centro limitrofo (v. Fara § 96), dopo l'Ara Donna e l'ultimo tratto boscato si trova la piànë dë la cìmë. Il toponimo riflette il significato locale della voce piana, ossia 'pendio prativo' con una specificazione da cima, che si riferisce a tutto il crinale.

57. La principale asperità della cresta di Cimerone Lungo è pischjë dë cràpë, un cocuzzolo roccioso a 1875 m ca. Il nome, per cui si veda anche Fara § 97, riflette la voce peschio, con la specificazione che allude al fatto che il sito è frequentato dalle capre.

58. Il fosso che scende da Peschio di Crapa è lo stesso chiamato Acqua dei Forni più in basso, ma in alto prende un nome diverso, che è la vàllë jënèbbëlë. Chiaramente questo nome è composto dalla voce generica valle e come specificazione il fitonimo locale per ginepro, un arbusto che vegeta a queste quote.



Altri microtoponimi attestati nelle relazioni di Tenore e De Nino dell'Ottocento, ma che non è stato possibile riscontrare dalla viva voce dei paesani, sono Pietra di Lucina e Vado della Rena, scendendo dal Colle della Civetta verso la Bocca della Valle, nonché le grotte di Grotta Bella, Grottone di Magna Lècine, Grottone dei Corvi, Grotta Sambuco, Grotta Colle dei Mortalicchi, Grotta Visciarella, Grotta Mammàune, Grotta Remigio, Grottone Valze la Rènnola (forse a Fara), Grottone della Macchia Ortucchio, Grotta Fortuna, Grotta Magnaliche, Grotta della Canala, Grotta Cirasce, Grotta la cima e Grotta dell'Orto.